L’istituto del capoluogo è l’unico che si occupa di valutare il rapporto tra alimentazione e salute. Tanti gli studi pubblicati a livello internazionale, ad esempio sulla celiachia. Il direttore Pascale: «In Italia sappiamo fare ricerca, ma lo Stato investe poco. In Irpinia c’è grande collaborazione con il territorio, meno con le istituzioni»

Quella del Consiglio Nazionale delle Ricerche è una storia ormai lunga un secolo, che risale al lontano 1923, anno della fondazione. Oggi l’ente, noto con l’acronimo Cnr, conta 88 istituti (divisi in sette dipartimenti) e numerose sedi e laboratori su tutto il territorio nazionale. Tra gli istituti, c’è anche quello di Avellino, di cui quest’anno ricorre il trentennale.

Il Cnr è il maggior Ente pubblico di ricerca nazionale con competenze multidisciplinari. Vigilato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, ha il compito di realizzare progetti nei principali settori della conoscenza: salute dell’uomo e del pianeta, ambiente ed energia, agricoltura sostenibile, trasporti, sistemi di produzione e molto altro.

Quello di Avellino si occupa prevalentemente di qualità e sicurezza degli alimenti e di indagare i rapporti tra alimenti e salute. Vanta, inoltre, due unità di ricerca presso terzi: una presso il Dipartimento di Biologia della Federico II di Napoli e un’altra presso la Società Agricola Accadia Verde, in provincia di Foggia. Una terza unità è in procinto di essere realizzata presso il Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Bari.

Se si esclude Napoli, Avellino è la sola città capoluogo della Campania ad essere sede di un Istituto.

Peculiarità del Cnr irpino è quella di essere l’unico Istituto che si occupa di valutare il rapporto tra alimentazione e salute, quindi sia gli effetti benefici per l’uomo (ad esempio della dieta mediterranea) che quelli dannosi.

La sede della città capoluogo ospita una sessantina di dipendenti tra ricercatori, tecnici e collaboratori vari. Ci sono poi assegnisti, dottorandi e tirocinanti, attualmente circa 25, che vengono principalmente dalle università campane. Numerosi sono poi i ricercatori stranieri che frequentano l’Istituto nell’ambito di accordi di ricerca con aziende locali, nazionali e straniere.

Spiega il direttore Michelangelo Pascale: «Le ricerche vengono effettuate prevalente nell’ambito di progetti che possono essere regionali, nazionali o europei, oppure tramite accordi di ricerca con aziende italiane ed estere. La finalità è raggiungere gli obiettivi della ricerca ma anche trasferire le conoscenze dei risultati che si ottengono. Ciò avviene attraverso la partecipazione a workshop, conferenze internazionali e tramite la pubblicazione degli studi su riviste specializzate e di settore».

Diversi i gruppi di ricerca attivi, come diversi sono i brevetti dell’Istituto: «Un gruppo, ad esempio, molto quotato a livello internazionale, si occupa di mettere a punto sistemi biosensoristici per la rivelazione di determinate molecole in ambito agroalimentare, ma anche medico e ambientale. Un altro gruppo ha messo a punto un metodo biotecnologico per detossificare il glutine attraverso delle reazioni enzimatiche, in maniera tale da produrre farine che non hanno un impatto sulla salute del soggetto celiaco. In generale, le intolleranze alimentari sono oggetto di molti dei nostri studi».

Michelangelo Pascale, Direttore Cnr di Avellino

Nei suoi trent’anni di attività, il Cnr di Avellino ha creato uno stretto legame con il territorio: «Sono molti gli accordi di ricerca e collaborazione con le imprese locali. Gli stessi ricercatori cercano di coinvolgere soggetti che operano sul territorio. Accade ad esempio per il progetto Alifun (alimenti funzionali) che coinvolge parecchie realtà della regione Campania. Ci sono poi casi in cui un’azienda del territorio ci chiama per portare avanti una ricerca finalizzata all’innovazione del prodotto».

Come tutti coloro che operano nel campo, anche il Cnr di Avellino soffre degli scarsi investimenti che il Paese riserva al settore: «Lo ha detto di recente anche Giorgio Parisi, Nobel per la Fisica nel 2021. L’Italia ha degli elementi brillanti, sappiamo fare ricerca, ma i finanziamenti sono pochi e siamo costretti ad andare a cercare i fondi presentando i progetti oppure facendo ricorso al privato. Provare ad ottenere finanziamenti è una delle nostre maggiori attività».

Importante anche l’attività di divulgazione nelle scuole: «Abbiamo accordi e convenzioni con alcuni istituti. Organizziamo quindi visite guidate per gli studenti che partecipano a lezioni didattiche oppure visitano i nostri laboratori. L’ultimo evento risale all’8 e 9 novembre, La scuola si avvicina alla ricerca, inserito nell’ambito del Centenario del Cnr. L’evento ha coinvolto più di 200 studenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado della regione campana su temi rilevanti come l’alimentazione, la nutrizione, la riduzione degli sprechi e le produzioni alimentari. Durante l’anno, inoltre, l’Istituto del capoluogo partecipa ad eventi promossi a livello nazionale come La notte dei Ricercatori o Futuro Remoto».

Se con il territorio c’è un rapporto proficuo, non si può dire lo stesso per quello con le istituzioni locali: «Ci capita – dice il direttore Pascale – di partecipare a progetti della Regione, ma con il Comune di Avellino, ad esempio, non c’è mai stata occasione, almeno da tre anni a questa parte, da quando io dirigo l’Istituto. Lo stesso vale per l’ente Provincia».

Nel futuro del Cnr in questo momento ci sono diversi progetti finanziati attraverso il Pnrr, sempre legati al cibo e all’alimentazione.

Spesso del termine eccellenza si abusa. Non è questo il caso. Il Cnr di Avellino è davvero un gioiello del territorio irpino che ormai da 30 svolge un ruolo importante in un fondamentale settore della ricerca, a livello nazionale come internazionale. Un’eccellenza forse tenuta poco in considerazione dalle istituzioni locali ma che, insieme ad esempio al Conservatorio e all’Università del Vino, rappresenta una realtà radicata che dà lustro al capoluogo e all’Irpinia.