Uno studio condotto in collaborazione tra l’Università di Napoli “Federico II” e l’Istituto di Scienze dell’Alimentazione del CNR di Avellino ha portato ad identificare un fattore genetico responsabile di sovrappeso e obesità. La ricerca è stata pubblicata recentemente sugli “Annals of Internal Medicine” (si veda file allegato), ed è frutto della collaborazione tra una équipe del Dipartimento Assistenziale di Clinica Medica dell’Università Federico II di Napoli, diretta da Pasquale Strazzullo e l’unità di Epidemiologia e Genetica di Popolazioni dell’Istituto di Scienze dell’Alimentazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Avellino, coordinata da Alfonso Siani. Gli studiosi hanno dimostrato che i soggetti che presentano la variante denominata “DD” del gene dell’Ace hanno una maggiore tendenza a sviluppare sovrappeso con l’avanzare dell’età, a causa di un eccesso di adiposità addominale ed all’incremento della “minima”, ovvero la pressione arteriosa diastolica.
E’ stato anche osservato che i portatori della variante “DD” (il 40% della popolazione) presentano un’attività dell’enzima nel sangue che è circa il doppio rispetto a quella degli altri soggetti; e sono anche quelli che ingrassano di più col passare degli anni. Tra ipazienti più anziani all’interno della popolazione (gli over 53), il sovrappeso, inteso come indice di massa corporea superiore al limite convenzionale di 27, è risultato più frequente nei portatori della variante “DD” che nel resto della popolazione: 51% rispetto al 36%, una differenza statisticamente molto significativa. Questa tendenza al sovrappeso tra i soggetti DD è dovuta principalmente ad un maggiore accumulo di adipe a livello addominale. Nel gruppo di partecipanti allo studio si è osservato che i portatori della variante “DD” hanno avuto nel corso di 20 anni un incremento di peso corporeo del 50% superiore agli altri partecipanti allo studio. Inoltre, i portatori della variante “DD” hanno anche mostrato, nel corso di 20 anni, un maggiore aumento di pressione arteriosa diastolica, la cosiddetta minima”.
Lo studio costituisce un originale contributo all’identificazione dei fattori genetici alla base del sovrappeso e dell’obesità, che sono diventati una grave minaccia alla salute anche perché associati a un rischio molto elevato di sviluppare diabete, ipertensione, infarto del miocardio, ictus cerebrale, osteoartrosi ed alcune forme di cancro. Se da una parte la sensibilizzazione dei medici e delle popolazioni dei paesi più economicamente progrediti ha spinto a riconoscere quanto sia necessario prevenire l’obesità, dall’altra le scoperte di biologia molecolare hanno aumentato l’interesse nello studio dei meccanismi molecolari che regolano il bilancio calorico e la spesa energetica. L’obesità è una malattia geneticamente “complessa” poiché il fattore genetico non è il solo a favorirne lo sviluppo (la componente ambientale e le abitudini di vita sono altrettanto importanti) ed è inoltre di tipo “poligenico” essendo il risultato dell’attività di decine, forse centinaia, di geni diversi.