Giro d'Italia in 20 sapori

Da l’Almanacco della scienza C.N.R. N.20 19 Dicembre 2012

Giro d'Italia in 20 sapori

Giro d'Italia in 20 sapori

Quando il poeta Gennaro Quaranta scrive la ‘Maccheronata’ si rivolge a Giacomo Leopardi e gli ricorda: “se tu avessi amato i Maccheroni più de’ libri… non avresti patito aspri malanni”. E allora la mia proposta per un regalo di Natale quest’anno è un cesto pieno di ‘benessere’, che è qualcosa in più della ‘salute’ in senso stretto. Un dono ricco di gusto e sapori, che non abbia come principio ispiratore la quantità ma la qualità e che punti su alimenti tradizionali e tipici.

L’Italia detiene in Europa il primato in prodotti di qualità con 246 tra Dop o Igp e oltre 4.500 ‘prodotti tradizionali’, ovvero ottenuti con metodiche di lavorazione e conservazione consolidate nel tempo, censiti di recente dal ministero delle Politiche agricole e forestali. Tuttavia, la varietà di prodotti tipici e di tradizioni nelle nostre regioni rendono la preparazione del cesto un’impresa titanica: come non fare torto a nessuna delle tipicità di valore, cosa scegliere e cosa escludere? Forse la cosa migliore da fare è mettere un prodotto per ciascuna regione, non necessariamente il più rinomato o di maggior pregio, quale simbolica testimonianza della tradizione alimentare del territorio. E poi, in tempi di spending review, è opportuno coniugare la scelta con le necessità di spesa, privilegiando la qualità sulla quantità.

Giro d'Italia in 20 sapori

Giro d'Italia in 20 sapori

Una composizione gastronomica potrebbe quindi prevedere salumi quali il prosciutto friulano di S. Daniele e i salamini alla cacciatora del Molise, formaggi come il caciocavallo silano lucano e il pecorino sardo, da consumare con un po’ di miele di castagno o di acacia raccolto sulle venete Dolomiti Bellunesi, olive ascolane per completare il tipico antipasto all’italiana.

Non farei mancare la pasta campana di Gragnano, lo zafferano dell’Aquila e il pomodoro siciliano di Pachino, le lenticchie umbre di Castelluccio di Norcia e il carciofo romanesco per il Lazio, da condire con olio pugliese Terra di Bari o della Riviera Ligure, a seconda del gusto individuale. E poi, frutta fresca di stagione: clementine di Calabria dal Sud e mele lombarde della Valtellina; come frutta secca nocciole del Piemonte e susine essiccate di Dro dal Trentino Alto Adige. Come dolci, un castagnaccio con i marroni di Castel del Rio dell’Emilia Romagna e Ricciarelli di Siena. Infine, per digerire, un Genepi della Valle d’Aosta. Per il vino esiste una carta di tale livello e così lunga che preferisco lasciare la scelta ai lettori, purché ricordino di bere con moderazione.

La tipicità del nostro patrimonio agroalimentare, così come di quello culturale e ambientale, rappresenta una grande potenzialità di sviluppo economico dell’intero Paese. E la tutela del benessere individuale passa anche attraverso la riscoperta delle nostre tradizioni alimentari, davvero uniche al mondo per gusto e sapori.

Gianvincenzo Barba

Fonte: Gianvincenzo Barba , Istituto di scienza dell’alimentazione, Avellino, tel. 0825/299353, email gbarba@isa.cnr.it

Almanacco della scienza C.N.R. Link: http://www.almanacco.cnr.it/reader/cw_usr_view_articolo.html?id_articolo=4019&giornale=3994